mercoledì 26 agosto 2015

Stralci

Allora decise di andare a prendersi una boccata d’aria e a godersi un po’ di tranquillità sull’ampio terrazzo, da cui si godeva una vista mozzafiato: il mare era un’immensa macchia scura illuminato dai meravigliosi riflessi argentei della luna. Se ci si concentrava un po’ di più si riusciva a percepire il lieve rumore delle onde sulla battigia, superato però dal frastuono della musica e dalle voci all’interno della casa. C’era una lieve brezza che le scompigliava i capelli ed era talmente assorta nella propria intima quiete che neanche si accorse che qualcuno le era venuto vicino.

Si girò colta di sorpresa, e d’improvviso si trovò a fissare, come ipnotizzata, gli occhi più azzurri e fantastici che avesse mai visto.
Lo sconosciuto le rivolse un sorriso tenero, da ragazzino -Salve, signorina-
La sua voce era roca, dolce e sensuale e lui era di una bellezza che lasciava profondamente stupiti. Era molto alto, doveva essere almeno un metro e novanta, aveva un fisico straordinario così atletico e muscoloso, e folti capelli biondo rossicci su un volto maschio, veramente interessante, con quelle due pupille azzurre che spiccavano come zaffiri purissimi. Alicia era rimasta talmente sorpresa e stupefatta che non riusciva neanche a parlare. Si sentiva stupida e insignificante, una bambinetta di fronte a quell’uomo magnifico: indossava una camicia azzurra dello stesso colore dei suoi occhi e un paio di pantaloni beige, e nel complesso aveva l’aria di chi si sente sicuro di sé, di chi possiede un’arroganza tutta sua, particolare, ma che allo stesso tempo esprime una dolcezza fuori dal comune, una tenerezza che commuoveva fino in fondo all’anima. Erano occhi belli, sinceri, che frugavano dentro. Gli occhi di un bambino. Ecco, lui aveva gli occhi e il sorriso di un bambino, mentre la sua figura era molto diversa così alta e imponente, simile a quella di un grosso uccello che non riesce a spiccare il volo, muovendosi goffamente sulla terra alla ricerca di un posto molto lontano.
-Oh… Io… Salve- rispose lei, arrossendo fino alla radice dei capelli. Alicia lo fissava intimidita e allo stesso tempo letteralmente incantata. Lui l’aveva notata subito, all’inizio di quella festa a cui era capitato proprio per caso assieme a qualche compagno di squadra, e non l’aveva più mollata con gli occhi. Mai gli era capitato di vedere una donna così bella e intensa e da subito aveva fatto di tutto per avvicinarsi e scambiarci qualche parola. L’aveva letteralmente divorata con lo sguardo e ora che ce l’aveva così vicina gli pareva ancora più radiosa e innocente. Mai, in tutta la sua vita gli era capitato di rimanere folgorato da una ragazza, eppure era stato così, fin dal principio.
Era timida, e poteva avere sì e no diciassette anni: era un’autentica follia anche solo parlarle. E del resto sembrava una situazione davvero irreale e priva di qualsiasi logica.
Lui il grande campione di baseball: magari lei aveva il suo poster appeso in camera. Il grande Ashley Daniels. L’idolo degli sportivi e delle donne. Però, a prima vista, pareva non averlo riconosciuto. Che non sapesse minimamente chi lui fosse?
Effettivamente, Alicia non ne aveva mai capito granché di baseball: l’unica cosa che capiva è che lui le sembrava un sogno, a prescindere da chi fosse in verità.
-Carina la festa, non trovi?- Si vedeva che era visibilmente annoiato. Forse lui era abituato a ben altre situazioni. Alicia gli rivolse un sorriso timido, un po’ nervoso, poi assentì lentamente. Si sentiva tesa e a disagio e si vergognava a fissarlo, anche se lui la ipnotizzava.
-Sei venuta in compagnia di qualcuno?- le domandò educatamente, appoggiando i gomiti alla ringhiera e osservandola dall’alto della sua statura. Non sapeva di preciso perché si comportava a quel modo, ma lei l’attirava enormemente e voleva saperne di più. Il suo era un modo un po’ sottile per sapere se era in compagnia di qualche ragazzo.
-Sì, sono arrivata con una mia amica, ma mi ha abbandonato quasi subito, così pensavo di tornarmene a casa in qualche modo. E tu? Anche tu sei con un amico?- si azzardò a chiedergli con semplicità. Ashley ghignò tra sé: capì che non aveva assolutamente la più pallida idea di chi lui fosse. Questo gli piacque. Fece cenno di sì con la testa e in quel momento chissà perché gli sembrò un uomo importante, abituato a comandare e terribilmente esigente. Questo gli conferiva una tale forza e una tale potenza che lei ne rimase sopraffatta.
-Già, ma stavo seriamente pensando di squagliarmela!- Rise. Sembrava molto bello e molto giovane e aveva qualcosa che l'attirava ma che allo stesso tempo la intimoriva enormemente.
Soggezione forse? Poi lui fece qualcosa che non si sarebbe mai sognato con una ragazzina di quell’età, e per giunta appena conosciuta.
-Beh, madamigella mi pare di capire che anche a te questa festa non va molto a genio, e allora perché non piantiamo in asso tutto e ce ne andiamo a farci un hamburger? Giuro che non sono uno stupratore, o un invertito o uno squilibrato!- Le sorrise, e il tono così divertente, spiritoso e disinvolto con cui lo disse, la convinse che poteva essere una persona di cui ci si poteva fidare. Istintivamente lui le aveva dato una fortissima sensazione di protezione e sicurezza ed energia; Ashley trasudava letteralmente una mascolinità animale unita ad una tenerezza e ad una dolcezza tutte particolari, e questo miscuglio di aggressività e spavalderia e timidezza le piacque da subito. Mai per un ragazzo aveva provato una sensazione simile e adesso si ritrovò a pensare che se solo lui glielo avesse chiesto, anche ora, sconosciuto com’era, lo avrebbe seguito dovunque. Gli piaceva già da impazzire e si fidava già di lui.
Possibile?
Possibile. Poteva essere chiunque: e invece era lui, e Alicia gli credeva.
Non aveva mai creduto ai colpi di fulmine, realista e poco incline alle romanticherie da film com'era, ma con lui non riusciva a spiegarsi niente di razionalmente concepibile.
Nulla che fosse convenzionalmente accettabile.
Una sbandata colossale.
Una fitta al cuore.
Un colpo all'anima senza precedenti nella sua vita.
Ashley Daniels.

lunedì 24 agosto 2015

L'arancio è il nuovo nero

Rieccomi dopo svariato (per non dire dell'altro) tempo e un bel po' di cambiamenti a riempire le paginette virtuali di questo blog con una ispirazione volante, una breve recensione su una delle serie tv che ultimamente mi ha davvero conquistato e che straconsiglio: Orange is the new Black. La serie, targata Netflix (quella di House of Cards e Daredevil) e prodotta e creata da Jenji Kohan (Weeds), è ispirata alla vicenda reale di Piper Kerman dalla quale è stato scritto il libro "Orange is the new Black: my year in a women's prison". Come da titolo la storia si incentra sulle tragicomiche avventure delle detenute del fittizio carcere femminile di minima sicurezza di Litchfield. La protagonista, Piper Chapman, benestante ragazza del Connecticut, interpretata da una bravissima e dinamica Taylor Shilling, si ritrova a scontare in carcere quindici mesi per aver trasportato una valigia piena di soldi di provenienza illecita per Alex Vause (una super Laura Prepon), trafficante internazionale di droga e, a suo tempo, sua amante. Dietro le sbarre Piper reincontra Alex con la quale dopo un iniziale astio, si riavvicina. Nella prima stagione la storia tra la bionda Piper e la pertica Alex, mora sexy dalla rosa rossa tatuata sul braccio e gli occhiali da segretaria, ha un ruolo predominante, in un continuo di ammiccamenti, di sguardi, incomprensioni e riappacificazioni, mentre nella seconda e nella terza stagione si da maggiore risalto alle altre protagoniste di Litchfield. E probabilmente è questa la vera forza di OITNB: è una serie corale, caleidoscopica, piena di mille sfaccettature e soprattutto dannatamente reale. Il gioco dei flashback per ricostruire le vite procedenti delle detenute di Lostiana memoria è un espediente narrativo assai gustoso che tiene lo spettatore incollato allo schermo e anche la complessità e la diversità dei personaggi che dominano il microcosmo di Litchfield gioca un ruolo fondamentale per la riuscita della serie. C'è Galina Red Reznikov, regina della cucina del carcere, spodestata poi dal clan delle ispaniche, Daya e la sua dolce storia d'amore con il secondino John Gambadilegno Bennett, Nicky Nichols (a mio avviso uno dei personaggi più spassosi e riusciti della serie) ex tossica cresciuta nella bambagia all'ombra di una madre assente, Tiffany Pennsatucky Doggett che da psicopatica dai denti marci nella terza serie ha un ruolo positivo e molto più simpatico, la vecchia e traffichina lesbica Big Boo, la folle Suzanne Crazy Eyes, la prorompente Taystee, l'angelica e diabolica Morello, la manipolatrice Vee, la trans parrucchiera Sofia, insomma tutte donne con una loro fisionomia, una loro storia, una loro prepotente personalità che esce fuori in un mix di comicità grottesca, linguaggio sboccato e irriverente e situazioni buffe, al limite del paradossale. OITNB è una serie vera, con donne non perfette, dialoghi veloci, sconci, reali, che mescola con sapienza la dose perfetta di comicità e risate a commozione non melensa e situazioni piene di grottesco umorismo. Voto, soprattutto per il poetico finale di terza stagione: 10